“𝗘𝗦𝗧𝗥𝗔𝗧𝗧𝗢 𝗗𝗔 𝗨𝗡 𝗢𝗣𝗨𝗦𝗖𝗢𝗟𝗢 𝗖𝗘𝗟𝗘𝗕𝗥𝗔𝗧𝗜𝗩𝗢 𝗣𝗘𝗥 𝗟𝗘 𝗙𝗘𝗦𝗧𝗘 𝗚𝗜𝗨𝗕𝗜𝗟𝗔𝗥𝗜 𝗗𝗜 𝗦.𝗘. 𝗠𝗢𝗡𝗦. 𝗣𝗜𝗘𝗧𝗥𝗢 𝗖𝗔𝗣𝗜𝗭𝗭𝗜, 𝗩𝗘𝗦𝗖𝗢𝗩𝗢 𝗗𝗜 𝗖𝗔𝗟𝗧𝗔𝗚𝗜𝗥𝗢𝗡𝗘, 𝗦𝗧𝗔𝗠𝗣𝗔𝗧𝗢 𝗜𝗡 𝗖𝗔𝗧𝗔𝗡𝗜𝗔 𝗡𝗘𝗟𝗟𝗔 𝗧𝗜𝗣𝗢𝗚𝗥𝗔𝗙𝗜𝗔 𝗭𝗨𝗖𝗖𝗔𝗥𝗘𝗟𝗟𝗢 & 𝗜𝗭𝗭𝗜 𝗜𝗟 𝟮𝟰 𝗔𝗣𝗥𝗜𝗟𝗘 𝟭𝟵𝟱𝟯”

Diocesi_di_Caltagirone_mappa-238x300 IL VESCOVADO NELLE SECOLARI ASPIRAZIONI DI CALTAGIRONE

La creazione della Sede Vescovile in Caltagirone, avvenuta nel 1816, non fu che la realizzazione di una logica ma laboriosa aspirazione, protrattasi con alterne vicende per secoli.

Caltagirone, sulla fine del ‘500, era considerata la più grande e piu ricca Città dell’interno dell’isola.

La prosperità e la ricchezza, di cui essa godeva, trovavano eco in una iscrizione, posta sopra la porta della Casa Giuratoria, che cosi terminava: ….EST ENIM RELIQUARUM SICILIAE PRIMA CALATAYERON.

Indubbiamente era il prestigio goduto e riconosciuto , che alimentava sempre più l’orgoglio cittadino fin a far ritenere quasi una menomazione la dipendenza della Città nel campo Ecclesiastico dal Vescovo di Siracusa.

E per quanto si tributassero nelle continue visite pastorali, onori senza riscontro altrove, ai Presuli della Chiesa Siracusana, non mancavano gli amministratori tuttavia di istruire pratiche e presentare memoriali perchè Caltagirone divenisse  sede di Vescovado.

Il primo documento in merito, che ci è dato riscontrare , è questa lettera del 06 aprile 1584, che i giurati della Città di Caltagirone, Francesco Rizzari, Vespasiano bonanno, cola Mainardo e Francesco Monteleone, inviarono al valoroso condottiero della flotta Pontificia alla battaglia di lepanto, Marco Antonio allora Vicerè di Sicilia:

“Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, come già V. E. a informata piò misi sonno che si è scritto da parte di questa Città in Corte di Sua Maesta per ottenere la gratia del Vescovado che speravamo in quella fondare con haverli designato buona instrada per sostenerse, desiderando somamenti che il primo Vescovo fosse stato il Reverendo Don Nicolao Daneo Abbate di Terrana sì per le degne qualità  che in esso rilucono et al qual noi tenemmo particolare affetione, sì anco per haversi contentato di unire la detta sua badia con detto Vescovado e, sperando alcuna resolutione di questo, insino ad hora non pare che si habbi sentito et perciò ci è parso, per non lasciare a dretro cossì giusta et honorata impresa di fare piò la parte nostra appresso Sua Maestà…….”.

La lettera continua pregando il Vicerè a voler scegliere per conto e a spese della Città una persona atta e capace, che dimorasse presso la Corte di sum Maestà e che volesse interessarsi da vicino della pratica del Vescovado.

La preghiera pare sia stata bene accolta dal Colonna, se gli stessi Giurati in un’altra lettera in data 24 dello stesso aprile, dichiararono di essere “Da la Mano di S. E. favoriti et agiutati al negotio del Vescovato”.

Ma pultroppo questo buon principio fu bruscamente troncato dall’improvvisa morte del Colonna, avvenuta senza sospetto di veleno, a Medina Coeli, il 02 Agosto dello stesso 1584.

La pratica del Vescovado , tanto bene iniziata ed avviata, rimasta senza patrocinatore, fu per la incapacità e corte vedite dei giurati Caltagironesi che si successero negli anni seguenti, abbandonata e magari avversata.

Infatti quando con lettera del 22 gennaio 1593, il Vicerè Diego Enriquez de Cusman Conte di Olivares, venuto a sapere dell’antico carteggio presentato a mezzo del Colonna a Filippo II di Spagna, chiedeva ai giurati di Caltagirone che cosa avessero di altro fatto per ottenere il Vescovado, questi rispondevano che dal tempo del Colonna non si era più fatto nulla a che per gli aggravi della Città non si intendeva portare avanti la pratica.

Anzi in contrasto a quanto avevano asserito i Giurati predecessori, si dichiara che la domanda del Vescovado era stata allora fatta solo dietro insistenze dell’ Abate Daneo e senza fondate ragioni, poichè la cura delle anime andava bene sotto il Vescovo di Siracusa “ di manera che non tenemo necessità alcuna di volere Vescovo proprio nella Città“.

Dopo queste esplicite dichiarazioni di rinuncia da parte degli stessi interessati, la pratica necessariamente fu accantonata e si dovè arrivare al 1604 perche la questione fosse ripresa prima in pubblico consiglio a Caltagirone e poi alla corte del Vicerè.

Il 15n ottobre 1604 il Consiglio Caltagironese , convocato dai Giurati Pietro Palmeri, Antonio La Cona, Mattia Campochiaro e Giancristoforo Viperano , decise infatti a ” supplicare Sua Eccellenza acciò in questo suo felicissimo governo fosse questa Città onorata di dignita Vescovili e per fautore, protettore a consigliero ni dovessimo favorire di Monsignore IllustrissimoPatriarca di Costantinopoli nostro citadino”.

Per dare esecuzione a quanto stabilito, si mando a Patti presso il concittadino Mons. Bonaventura Secusio, Patriarca di Costantinopoli, il nobil uomo Francesco Mainardi.

Questi poi si recava con raccomandazioni dell’illustre prelato Caltagironese a Messina dal Vicerè, ritornando a caltagirone con due lettere vicerali dirette una ai giurati e l’altra al Vescovo di Siracusa il quale l’ebbe a mezzo del Rettore del Collegio di Caltagirone.

Con la raccomandazione di Bonaventura Secusio il Vicerè di allora, Duca di Feria, aveva accolto di buon grado la richiesta e per lettera aveva invitato il Vescovo di Siracusa a favorire il desiderio dei Caltagironesi.

Nel tempo stesso peròegli di mille scudi veva fatto conoscere ai giurati che era necessario che si aumentasse di mille scudi l’assegnazione stabilita per la creazione del Vescovado allo scopo di potersi mantenere il Capitolo della Cattedrale, ed in più rimasero a carico della Città le spese necessarie per il carteggio e le bolle.

La Città, per facilitare la pratica, aveva già rinunciato alla rendita dell’Abbazia di Terrana, addossandosi interamente l’onere di tre mila scudi , cioè mille scudi in più della prima richiesta; infatti al tempo del Colonna si era stabilito che la Città dovesse aggiungere al beneficio di Terrana solo duemila scudi.

Ora invece erano necessari quattromila Scudi , oltre alle spese per le bolle.

Si tenne nuovo Consiglio a Caltagirone in data 5 Marzo 1605, ma per quanto quasi tutti fossero disposti  a favorire la creazione del nuovo Vescovado, non si venne a capo di una decisione risolutiva.

Date le enormi somme, che la Città era costretta a pagare sotto forma di donativi, il Consiglio non vide la possibilità di trovare altri mille scudi, di aggiungerli ai tre mila stabiliti dallo stesso nella tornata del 15 ottobre 1604, inoltre le somme necessarie per il carteggio e le bolle.

La cosa basata più che altro sulla ricerca dei fondi, rimase sospesa, e fu abbandonata quando morì il Secusio nel 1618.

Si pensò piuttosto di creare in San Giuliano un Collegio di Canonici e questo nel 1627 era un fatto compiuto avendo avuto la domanda della Città la Reale approvazione.

Nel 1629 Urbano VII ne dava la bolla di riconoscimento.

Ottenuto il Collegio dei Canonici in S. Giuliano, la Città tornò ad avanzare la domanda per la erezione del Vescovado, facendo presente al Re di Spagna, Filippo IV, che per la avvenuta fondazione del Collegio dei Canonici, con proprie assegnazioni, non esisteva più la necessità di dovere aggiungere mille scudi annui ai tre mila richiesti per avere in Caltagirone il Vescovado, il quale, d’altra parte, si riteneva necessario per essere la Diocesi di Siracusa assai  estesa.

La domanda avanzata dalla Città trovo però questa volta ostacoli non facilmente sormontabiliper le opposizioni sempre più precise ed autorevoli del Vescovo di Siracusa.

Alla Corte di Spagna si discusse a lungo e per quanto le discussioni fossero arrivate al punto di ideare la divisione della Diocesi di Siracusa, niente di positivo fu concluso.

Vincenzo Turtureto, dottissimo Abate Palermitano alla Corte di Filippo IV, riassunse la questione della richiesta del Vescovado in un suo eruditissimo opuscolo pubblicato a Madrid nel 1633 sotto il titolo: ” Erecion de yglesia cathedral pretendida de la ciudad de Caltgirone, de la Diocesis de la Saragoza en el reyno de sicilia”.

L’Autore cercò di spianare le opposizioni e di mettere in risalto le benemerenze e le giuste pretese di Caltagirone che tra l’altro si vanttava di aver dato i Natali al grande Bonaventura Secusio, i cui meriti erano stati riconosciuti ed apprezzati da Filippo III di Spagna e dal Papa Clemente VIII.

La disertazione del Turtureto concludeva pregando il Re amandare i suoi ambasciatori presso la Santa Sede per ottenere la Grazia del Vescovado per Caltagirone.

Il Re Filippo IV dopo lungo indugio, in una lettera del 13 novembre 1633 diretta al Vicerè, Duca di Alcalà, anche per gli ostacoli che sempre più frapponeva Siracusa, rispondeva evasivamente dicendo che per cosa di tanta importanza doveva chiedere istruzioni al tribunal del Real patrimonio.

La pratica pultroppo si arenòsopratutto perchè le condizioni finanziarie della Città nel Seicento andavano sempre più peggiorandoa causa delle crescenti tassazioni che questa era costretta a sostenere.

Anzi l’avere la Città mostrato di potere disporre di somme per la erezione del Vescovado aveva enormemente contribuito ad accuire le tassazioni regie.

Caltagirone d’altra parte non aveva più illustri patrocinatoricome il Colonna ed il Secusio .

Il continuo dilazionare aveva persino smorzato gli entusiasmi per ccui non era più facile trovare amministratori disposti a continuare le pratiche che lo stesso zelo e fervore dei loro predecessori.

Fermata a questo punto, si può dire, che la pratica del Vescovado rimase letteralmente sepolta per oltre un secolo e mezzo, poichè anche le istanze che nel 1778, dopo la sacra visita del De Ciocchis, si pensò di fare al Parlamento Siciliano, non sortirono alcun risultato.

Avendo allora la Città di Lentini sollevato uguali pretese si credette opportuno di desistere.

La questione fù riaffrontata decisamente nel 1802 in occasione della morte di Mons. Giovambattista Alagona, avvenuta in Caltagirone in corso di Sacra visita.

Il Senato ritornò a prendere l’iniziativa e  richiese il patrocinio di Re Ferdinando III che si mostrò pronto ad accogliere l’invito interponendo i suoi buoni uffici presso  la Santa Sede.

La domanda dei Caltagironesi, unitamente a quella di Piazza Armerina e di Nicosia che pure aspiravano al Vescovado, patrocinata dal Monarca, questa volta ebbe seguito favorevole.

Pio VII incaricò tosto l’arcivescovo di Palermo Mons. Raffaele Mormile, per istruire le pratiche.

Il voluminoso carteggio del processo informativo fu, per il dovuto esame dei titoli e documenti, ben presto inviato alla S. Congregazione Concistoriale.

Intanto L’Arcidiacono Giacomo Boscari, dottore in sacra teologia dava alle stampe nel 1812 una memoria per l’erezione del Vescovado di Caltagirone non trascurando nulla a giustificazione della richiesta Caltagironese.

Contro lo smembramento della Diocesi Siracusana, ed in risposta al Boscari, nel 1813, scrisse  il Siracusano Saverio Landolina.

Ma a nulla valsero gli ostacoli frapposti da Siracusa poichè ormai la decisione era stata presa fra il Monarca e la Santa Sede.

Quest’ultima, infatti, il 21 Settembre 1815 rese il fatto di pubblico  dominio col rescritto “Summa Gratiae Siracusana… Dismembrationis et erectionis novi Episcopatus in civitate Calatayeronis”.

Il 02 Settembre del 1816 veniva dal Pontefice emanata la Bolla.

Per il mantenimento del Seminario fu aggregato al nuovo vescovado il beneficio del priorato della Grazia, prendendo il Vescovo stesso il titolo di priore.

Fu consacrato primo Vescovo di Caltagirone il Piazzese Mons Gaetano Trigona Parisi e questi il 17 gennaio 1818, nel prendere possesso nella Basilica di San Giuliano, scelta come Cattedrale della nuova Diocesi, per la prima volta, poteva rivolgere il saluto pastorale ” Ad Clerum et populum Diocesis Calatayeronensis” compiendo le secolari aspirazioni della Città.

 

 

 

 

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